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Alessandra Viazzi e la storia dei Pazienti Impazienti Cannabis

Pazienti impazienti cannabis

Foto credits by Maria Novella De Luca tratte dal libro “I volti della canapa”

Fondatrice del PIC, Pazienti Impazienti Cannabis, Alessandra Viazzi ha legato il suo percorso individuale a quello collettivo per la rivendicazione del diritto alla salute.

Ho 48 anni vivo a Genova e sono laureata in psicologia. Circa 20 anni fa ho scoperto che la canapa aveva per me un potente effetto curativo. Grazie ad un compagno di università fumai dell’erba proprio qualche settimana dopo aver interrotto definitivamente l’assunzione di Gardenale, che aveva accompagnato la mia esistenza per 12 anni per un problema di epilessia. Avevo deciso di rischiare di avere delle crisi piuttosto che subire gli effetti collaterali che il farmaco mi causava. Al contrario la canapa non mi creò nessun problema e non mi distoglieva dai miei impegni.

Qualche mese dopo mi capitò sotto gli occhi un libro di Giancarlo Arnao “Cannabis: uso e abuso” che mi illuminò sugli usi terapeutici e non della canapa. Si parlava di epilessia, di barbiturici, di alcol.

Il mio primo anno di università si concluse con 7 esami sostenuti e un netto miglioramento delle mie condizioni psicofisiche.

Il trattamento tradizionale per l’epilessia: effetti collaterali del Gardenale

I disturbi dovuti all’assunzione di Gardenale si manifestavano sia a livello fisico (cefalee fulminanti ogni due giorni, compromissione del ritmo sonno-veglia, anemia, osteomalacia, attività del fegato e dei reni) sia a livello psicologico (la malattia era tenuta nascosta come una vergogna) e comportamentale (attacchi di ira e aggressività nei miei e negli altrui confronti, tolleranza estrema al dolore, assoluta inavvertenza dei pericoli per il mio corpo e profondi stati di depressione).

Già dalla prima volta che lessi il foglietto illustrativo del Gardenale nel 1985 espressi la volontà di sospenderne l’assunzione e lo feci di nascosto, contro il parere del medico. Ebbi una crisi, ma non mi rassegnai: abbassai la dose e feci i miei esperimenti. Mi resi conto che le crisi insorgevano esclusivamente durante il sonno e in coincidenza con il ciclo mestruale. Sperimentai quindi l’assunzione di Gardenale solo pochi giorni al mese con eccellenti risultati (la media delle crisi non cambiò) fino alla decisione di smettere definitivamente.

In questi ultimi venti anni non sono mai più tornata indietro, ma soprattutto non ho mai più avuto crisi, pochissime cefalee, il mio livello di aggressività è decisamente calato e la mia parte creativa ha potuto emergere.

Prima di un esame, di una partita a pallone (sono un discreto portiere) o di qualsiasi evento importante riuscivo e riesco a ridurre l’ansia da prestazione e a dare il meglio se fumo.

Riesco a dormire e a svegliarmi senza problemi, mentre prima facevo fatica ad addormentarmi e soprattutto a svegliarmi autonomamente, ho imparato a prendermi cura di me stessa e a gestire il tono dell’umore.

La nascita del PIC: Associazione Pazienti Impazienti Cannabis

Nel 2001 sotto lo stimolo e la connessione con le realtà dei centri sociali, che facevano già la festa del raccolto e rivendicavano l’auto produzione, nacque il PIC (pazienti impazienti cannabis) come gruppo di auto mutuo aiuto di malati di varie patologie che iniziarono a lavorare su due livelli:

  • da una parte sull’aspetto più concreto e materiale cioè su come facilitare l’accesso a questa medicina, in un momento in cui era possibile accedervi esclusivamente auto producendo o presso il mercato nero,
  • dall’altra parte sull’aspetto politico per arrivare al riconoscimento del diritto a curarsi con la canapa.

Da un lato, ci siamo aiutati a soddisfare le necessità di una ventina di pazienti presenti su tutto il territorio nazionale, anticipando in Italia quello che oggi è conosciuto come modello CSC (Cannabis Social Club): la canapa era coltivata collettivamente ed era distribuita secondo la necessità di ognuno di noi, con un registro per regolare l’accesso nella maniera più trasparente possibile.

Sull’altro livello abbiamo iniziato ad avere rapporti con le istituzioni, a cominciare dal Ministero della Salute e poi con le ASL e le Regioni.

Nel 2002 nasce mio figlio Sirio.

Nel 2005, dopo aver esplorato la situazione internazionale rispetto alla produzione del farmaco e dopo aver testato le possibilità di accesso a livello italiano, abbiamo cominciato a fare le richieste per l’importazione di infiorescenze femminili di canapa prodotta dal Ministero della Salute olandese.

L’importazione dall’Olanda e il Decreto Turco del 2007

Proprio nel 2005 c’è stato il primo paziente che, appoggiandosi al decreto dell’11 febbraio del 1997 il quale permette l’importazione in Italia di farmaci registrati all’estero, ha importato il farmaco Bedrocan dall’Olanda.

Dopo la prima importazione, visto che il farmaco era nella categoria degli stupefacenti, sono state fatte richieste di proroga per poter continuare con le importazioni, sino a quando nel 2007, siamo finalmente riusciti ad ottenere l’ascolto del Ministero della Salute, Livia Turco, e a ottenere un decreto per l’inserimento dell’unico principio attivo stupefacente della canapa, il THC, nella tabella 2b, che comprende le sostanze stupefacenti e psicotrope di riconosciuto valore terapeutico, ovvero prescrivibili su semplice ricetta bianca non ripetibile.

Nel mio caso, posso testimoniare che nonostante fossi in prima linea nella battaglia per la normalizzazione della canapa come farmaco, il mio medico di base di allora, per non parlare degli specialisti, nonostante riconoscessero i benefici da me ottenuti in 15 anni di cura con la canapa in sostituzione completa ai barbiturici, per ignoranza e per il fatto che ASL e Ordine dei Medici davano informazioni fuorvianti, si rifiutavano di compilare il modulo di importazione.

Così ho deciso di cambiare medico, cercandone uno disposto a prescrivermi la canapa, ma in quel momento si è aperto un altro problema, quello economico, per far fronte alle spese di acquisto del farmaco.

Fabbisogno giornaliero e difficoltà di prescrizione e di prezzo

Nel mio caso, avendo necessità di circa 1 grammo e mezzo al giorno, nonostante avessi tutte le carte in regola, sono stata costretta a trovare modalità di accesso alternative. I costi di importazione (in quel periodo si poteva solo importare) nel mio caso sarebbero stati attorno ai 1200/1300 euro ogni tre mesi per 135 grammi.

Nel 2010, tornando dal consiglio regionale lombardo, per la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge regionale per l’accesso alla canapa, in stazione a Genova vengo fermata dalla Finanza con 3 grammi di canapa. Me la sequestrano e mi rilasciano un verbale art. 75 [NDR. uso personale “Legge Fini-Giovanardi”].

Dopo un anno e mezzo mi chiamano a colloquio in Prefettura, io nel frattempo avevo fatto presentare degli scritti difensivi dall’avvocato e dopo un’ora e mezza di colloquio, giunsero all’archiviazione riconoscendomi il diritto a trasportare la medicina.

Personalmente e anche come PIC abbiamo comunque sempre rivendicato il fatto che ogni malato possa scegliere la sua pianta, coltivarsela e gestirsela, visto che parliamo di una pianta che non ha mai ammazzato nessuno. Volendo, in caso di auto produzione, si potrebbero effettuare controlli di qualità a livello di associazione di produttori, senza per questo dover delegare la produzione in monopolio allo Stato italiano, come invece sta avvenendo.

La traiettoria del Pazienti Impazienti Cannabis e le sfide future

Dei soci fondatori di Pazienti impazienti cannabis siamo oggi rimasti la metà: Pino, Anna, Elena, Francesca, Stefania, Pierugo Bertolino, ci hanno lasciato.

Come accesso al farmaco, anche se avrei tutte le carte in regola per importare legalmente, il problema del costo mi porta ad autogestire autonomamente l’approvvigionamento.

Quello che manca è che, nonostante tutti i benefici che mi dà, ancora non ho la possibilità di testare il mio prodotto come succede in Canada, dove i pazienti che producono la cannabis possono testarla presso laboratori privati convenzionati con lo Stato.

Le applicazioni mediche di questa pianta sono un mondo da scoprire e ci vorranno anni nel futuro per comprenderle. Io porto la mia esperienza di 30 anni di cura e se dovessi aspettare i progressi della scienza mi starei ancora curando con le medicine tradizionali e soffrendo dei loro effetti collaterali. Decisamente quindi, preferisco seguire la mia coscienza.

I dubbi sulla produzione di cannabis terapeutica in Italia

Nel progetto dello Stabilimento Farmaceutico Chimico Militare di Firenze hanno previsto una quantità di cannabis che non ha niente a che vedere con i bisogni reali dei pazienti. Hanno cominciato la produzione di cannabis medica partendo da zero senza avvalersi di esperti del settore. Mi auguro quindi che nel prossimo futuro si avvalgano di tecnici esperti, americani, israeliani, o perché no degli stessi olandesi.

Mi domando perché non abbia fatto collaborare gli esperti della Bedrocan per seguire i loro passi, gli olandesi sono più di 10 anni che lavorano con la cannabis terapeutica.

Adesso prendo 2 grammi al giorno e il mio neurologo dice che sono guarita dall’epilessia.

Per lo meno non ho più crisi dal 5 agosto 1992.

Pazienti impazienti cannabis

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1 commento

  • Sandro

    15/08/2018 14:58

    Per mia moglie, sofferente di fibromialgia la FM2 estratto oleoso è stato un MIRACOLO. La cura è costosa, difficile avere il preparato nonostante la ricetta di un centro medico sperimentale di Pisa che ne pregiudica la continuità. Che possibilità abbiamo per avere almeno uno sconto sul prodotto? Noi siamo in Umbria. Grazie