Condividere
Malattie rareTestimonianze

La Sindrome di Sjögren: Roberta la cura con la cannabis

cura con la cannabisRoberta cura con la cannabis la Sindrome di Sjogren. Avendo difficoltà in Italia a trovare legalmente il farmaco Roberta ha deciso di trasferirsi in Spagna con il suo compagno Simone.

Mi chiamo Roberta ho 45 anni e da ventuno sono affetta da una patologia autoimmune degenerativa, probabile “sindrome di Sjogren”, che rientra nella fascia delle malattie rare. I primi anni dalla scoperta della malattia sono stati molto duri. Fino a due giorni dall’inizio della manifestazione il gonfiore agli arti mi paralizzava e avevo forti dolori neuropatici in tutto il corpo.

Al mattino, appena sveglia, mi sentivo come se mi avessero preso a calci tutta la notte.

Le terapie proposte e gli effetti collaterali

Iniziai così a girare in cerca di una diagnosi e di una cura. Molti medici non capirono più di tanto la mia condizione e mi prescrissero cortisone ad alti dosaggi. Io, testardamente e rischiosamente, vista la mia giovane età e l’ipersensibilità creata da questo farmaco, rifiutai. Dall’esordio della malattia, infatti, i medici erano in confusione fra le diverse patologie degenerative ed alcuni ritenevano opportuno calmare il tutto con alte dosi di cortisone. Più che mai però, il cortisone rende ipersensibili al problema stesso e, anche se al momento sembra curarti, in seguito se l’avessi dovuto interrompere, avrei corso il rischio che le manifestazioni di gonfiore si sarebbero ripresentate e in maniera più violenta.

Dopo il cortisone mi vennero prescritti farmaci neurolettici, visto che la mia patologia colpisce anche il sistema nervoso periferico. Chiaramente, come per il cortisone, rifiutai anche quelli a causa degli effetti di tossicità che avrebbero avuto sul mio fegato.

Nel 2012 mi prescrissero il Lyrica, un farmaco neurolettico ed anti epilettico. Siccome però, dichiarai al neurologo che non intendevo assumerlo per la lunga lista di effetti collaterali, il dottore provò a prescrivermi un farmaco antidepressivo che agiva sulla serotonina.

La confusione regnava e regna fra i medici. Pur avendo tutti i valori della Sindrome di Sjogren (dovrei avere la secondaria nella forma più grave con in associazione collageno-patia primitiva) dopo vent’anni di malattia risulto ancora nelle malattie rare o come connettivite indifferenziata.

Dopo anni di incertezza arriva la prima diagnosi

La prima “pseudo-diagnosi” della mia malattia arrivò nel 2003 a Pavia. Qui mi prescrissero il Plaquenil, un farmaco antimalarico che non cura la malattia, ma quantomeno evita che si trasmetta agli organi interni.

Dal canto mio ho sempre cercato delle cure che avessero meno effetti collaterali possibili. Cercando, mi sono imbattuta in molte cose, dall’omeopatia, alla ricerca sulle cellule staminali, a diversi minerali venduti in India. Cercavo qualcosa che avesse meno effetti secondari sulla mia patologia che già coinvolge davvero molti organi.

Questa malattia infatti, comprende un’insieme di patologie quali: artrite reumatoide, colangite biliare primitiva, fenomeno di Raynaud, neuropatie periferiche (quindi non tengo bene l’urina) ed un’inizio sospetto di fibromialgia.

Per assurdo, se ho una manifestazione di artrite e devo prendere il Gladio, magari mi passa l’artrite, ma la salivazione diventa più problematica perché più secca. Lo stesso Plaquenil ha gravissimi effetti collaterali sul fegato e sulla retina degli occhi ed io non avrei potuto più assumerlo. 

Sindrome di Sjogren: cura con la cannabis

Durante le mie ricerche, occasionalmente fumavo la canapa, ma a quei tempi credevo avesse solo un effetto distensivo. Ero lontana dal pensare che se non finivo all’ospedale era proprio grazie a questa sostanza.

La soluzione per condurre una vita di un tenore qualitativamente più alto, era già fra le mie mani.

Un giorno un’amica dottoressa, senza troppe spiegazioni, mi fece capire che nel mio caso la canapa avrebbe giovato.

Il giorno dopo iniziai diverse ricerche e scoprii aspetti di questa sostanza che, pur essendo fumatrice, mi sconvolsero.

La canapa infatti è un immunoregolatore che abbassa le infiammazioni dell’80%. Praticamente è un cortisone naturale, ma con nessun effetto indesiderato e che non provoca la morte. Iniziai così ad abbassare i livelli di Plaquenil e ad alzare quelli di canapa naturale sativa. Tra il 2012 e il 2013 ho sospeso interamente il Plaquenil. 

L’intervento delle forze dell’ordine e il peggioramento della condizione

Per dieci anni, non sono più entrata in ospedale ed ho avuto valori del sangue tollerabili rispetto alla gravità della malattia. Un giorno però, nel 2011, bussarono alla porta i carabinieri. Trovarono trenta grammi di canapa e nonostante dichiarassi che per me si trattava di un farmaco, non avendo la prescrizione, la misero sotto sequestro e me ne privarono.

Nei mesi a seguire l’autoimmunità ebbe spazio per riprendere il suo gioco.

A soli 38 anni ho rischiato una protesi a una gamba per colpa dell’artrite. Purtroppo, vista la scarsa disponibilità, accedevo al farmaco in maniera illegale e saltuaria e infatti stavo nuovamente male.

Sulla funzione miorilassante, la cannabis va in accumulo. Basta restare una settimana senza assumerla che già si è a rischio di maggiori attacchi. Nel mio caso, quando non fumo, ho continuamente perdite di urina e questo è dovuto ai disturbi neuropatici periferici. Inoltre soffro di fitte sparse e scosse improvvise ovunque e, per finire, mi si sono aggiunti

  • disturbi al nervo del trigemino
  • attacchi neuropatici oltre ai dolori causati dall’artrite
  • alluce valgo che comporta dolore
  • dolori alle ossa persistenti tutto il giorno
  • mal di testa
  • vomito 
  • bocca secca tutte le mattine.

Non ho mai importato il Bedrocan perché la marijuana per questo tipo di patologia non viene ancora riconosciuta. In uno Stato dove si pensa alla tolleranza zero al posto dell’umanità, lo stesso Stato che pretende credibilità, ma non ne da a chi soffre, credo che con tutti i problemi che affliggono il nostro pianeta questo dovrebbe essere il più facile da risolvere. Si tratta di un gesto semplice, ragionevole ed umano e cioè restituire la canapa alla terra e a chi soffre.

In Italia non ho mai avuto la prescrizione. Nel 2012, l’ultima volta che andammo da un luminare a Genova, questi mi disse che non poteva prescrivermela. Avrei dovuto andare avanti illegalmente.

L’emigrazione terapeutica forzata in Spagna

Nel 2013, per ragioni unicamente legate al mio stato di salute, mi sono trasferita a vivere in Spagna con il mio compagno. Un cambio così drastico comporta lontananza degli affetti più cari, lasciati in Italia, cambio di abitudini, di lingua e di costumi.  

Dal preciso instante in cui misi piede in Spagna, l’accesso al farmaco divenne regolare.

C’erano diverse modalità:

  • si può auto produrre per il fabbisogno personale
  • se non puoi o non ne hai voglia
  • non sei capace
  • ti va male un raccolto
  • Ci sono i Cannabis Social Club.

Dove andavo io, il Sativa di Cerdanyola del Vallès, prevedevano sconti speciali per i malati. In questo Club vendevano estrazioni di CBD e tutto quello che poteva aiutare ogni individuo.

Il tutto nella più completa legalità.

La malattia era decisamente migliorata ed i periodi di remissione dei sintomi erano sempre più lunghi.

In queste malattie degenerative l’importante diventa controllare il sintomo prima che diventi grave.

Direi che la parola chiave è proprio “controllare” e la marijuana mi aiuta in questo passaggio.

Il rientro in Italia e la cura con la cannabis?

Nel 2019 sono dovuta tornare in Italia perché mia suocera si è ammalata.

Lasciare la Spagna ha voluto dire tornare a fare i conti con una malattia che per sette anni mi aveva dato una tregua. Ora è già un’anno che siamo rientrati. Ad oggi sono ancora costretta a recuperare la cannabis attraverso il mercato nero o accontentarmi del CBD venduto nei tabacchini. La cannabis light però a livello terapeutico funziona poco.

Così nel mezzo della confusione che vige nel nostro bel paese, a rimetterci siamo noi: malati invisibili a cui non viene riconosciuto il diritto alla cura.

Ho dovuto farmi prescrivere rapidamente il gel lacrimale Siccafluid con il quale cerco di tenere a freno la secchezza oculare, peggiorata drasticamente.

Ho dovuto rispolverare le stampelle che da sette anni riposavano nel magazzino.

In generale ho dovuto tornare a fare i conti con la paura.

In Spagna mi è stata diagnosticata anche la crioglobulinemia che è una forma di vasculite che coinvolge le vene, al momento e per fortuna, di piccolo calibro e mi provoca gonfiore agli arti e la comparsa di porpora petecchiale.

Le difficoltà senza fine per ottenere la cura con la cannabis in Italia

Non poter approvvigionare con cannabis legalmente e gratuitamente vuol dire compiere nuovamente atti illegali e punibili dalla legge, per riuscire ad ottenere una sostanza che mi permette di eliminare quelle “tonnellate” di Ibuprofene rischiosissime per il mio fegato.

Vuol dire spendere quei pochi spiccioli che ho e rinunciare a tante cose.

Il prezzo della marijuana al mercato nero parte dai dieci euro al grammo, per fumare i copertoni dei pneumatici, e arriva sino a quindici euro al grammo per una qualità di poco superiore.

Non ho la possibilità di coltivarmela, come facevo in Spagna, visto che non ho uno spazio fuori e l’Italia vieta i coltivi interiori. Quindi riesco ad assumere il quantitativo di Marijuana che mi copre dieci giorni al mese, per i restanti giorni ho imparato a pregare. A mio modo, ma prego!

Ora, grazie all’Associazione Seminiamo Principi, sembra riesca ad ottenere, in parte, quello che avrei voluto da anni e cioè la prescrizione che certifica che la cannabis sia efficace per la mia patologia.

cura con la cannabis

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi richiesti sono contrassegnati *


5 commenti

  • Lidia

    09/02/2016 10:48

    http://www.sicilcanapa.it/it/

  • Sabina Mazzoldi

    31/10/2014 18:25

    A Torino, puoi contattare la farmacia di Piazza Villari per il tuo problema. Fallo subito e in bocca al lupo.

  • Sabina Mazzoldi

    31/10/2014 18:25

    A Torino, puoi contattare la farmacia di Piazza Villari per il tuo problema. Fallo subito e in bocca al lupo.

  • Sabina Mazzoldi

    31/10/2014 18:25

    A Torino, puoi contattare la farmacia di Piazza Villari per il tuo problema. Fallo subito e in bocca al lupo.

  • Giorgia Pettene

    15/09/2014 16:19

    Sono molto interessata