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Parola agli esperti e ricercatori

Dove cresce la cannabis made in Italy: intervista al Colonnello Medica

cannabis made in ItalyPresso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze viene prodotta la cannabis made in Italy. In questa intervista, del giugno 2017, chiediamo al Colonnello Antonio Medica, come si è sviluppata la produzione e quali saranno le prospettive future.

La produzione della cannabis made in Italy

Quale è stato il budget impiegato in questi due anni per lo sviluppo del progetto pilota?

Nell’ambito dell’accordo di collaborazione fra il Ministero della Salute e quello della Difesa, l’Agenzia Industria Difesa ha finanziato il progetto con circa 1 milione di euro che verrà recuperato (calcolando un importo di 1 euro guadagnato per grammo venduto) con la vendita dei primi 1.000 Kg di cannabis prodotta. Tengo sempre a sottolineare che, considerata la funzione pubblica del nostro lavoro, il prezzo di vendita del farmaco è stato deciso per recuperare l’investimento iniziale sostenuto e quindi quasi senza margine di guadagno da parte nostra. Il prezzo infatti è praticamente quello di produzione. Venduto il primo milione di grammi, e quindi recuperato l’investimento, il discorso del prezzo da recuperare si bloccherà e, per adesso, possiamo prevedere due ipotesi: la prima che si abbassi il prezzo e la seconda che si continui a sfruttare questo quid per ampliare la produzione.

Considerate queste stime, in quanto tempo pensate di rientrare dell’investimento?

Tutto dipende dalla crescita delle richieste da parte della farmacie, pubbliche e private.

Come viene organizzato attualmente il ciclo produttivo?

Al momento lavoriamo con due serre, ma volendo triplicare il raccolto prevediamo di ampliare lo spazio dedicato alla coltivazione.

 Come valutate complessivamente questi primi due anni di produzione? Quali sono state le principali difficoltà che avete affrontato?

La fase di produzione vera e propria è cominciata nell’estate 2016, precedentemente abbiamo trascorso un periodo di ricerca e sviluppo aiutati dal CRA di Rovigo con la sua ventennale esperienza in materia. Per arrivare al primo nucleo di serre siamo partiti da zero. Detto questo, per quel che riguarda le difficoltà incontrate, a livello di distribuzione che adesso sta iniziando ad aumentare (ci aspettavamo di ricevere richieste più importanti sin dal principio) quando siamo entrati sul mercato la maggioranza della farmacie aveva ancora a disposizione il farmaco importato e questo ovviamente ha rallentato le richieste della cannabis made in Italy. Un secondo aspetto è che le ASL dovrebbero attivarsi a livello di procedure interne, al momento spesso ancora poco rodate. La difficoltà è quella di avviare un meccanismo che ci comprenda e dove però noi siamo entrati successivamente e con l’obbiettivo, un po’ alla volta, di subentrare ai produttori olandesi.

Come crede si strutturerà tale meccanismo nei mesi a venire?

Prevedo che verranno continuate le autorizzazioni all’importazione sino a quando da un lato, gli olandesi per carenza di produzione, e dall’altro noi potremmo garantire le qualità e la quantità adatta a coprire tutto il fabbisogno nazionale.

La distribuzione della cannabis made in Italy

Da gennaio a maggio 2017 ci risulta siano stati prodotti 6 lotti da 8 kg ciascuno e che siano stati venduti 16 kg di cannabis. A cosa attribuite questa lentezza distributiva, considerando che nel paese vi sono molti pazienti senza farmaco? Quali sono i nodi da sciogliere nel “Sistema cannabis medica” nostrano?

I fattori limitanti sono diversi: il primo in assoluto è che va fatta la formazione dei medici, perché se i medici non sono istruiti sulle modalità di prescrizione e quindi non hanno le basi di conoscenza per poter prescrivere cannabis, il sistema non può svilupparsi. Dall’altra parte c’è il discorso di scorte residue del prodotto olandese importato e poi il fatto, non secondario, che alcuni medici, giustamente, ritengono più utile per i propri pazienti l’adottare un tipo di cannabis con una composizione, a livello di principio attivo, differente da quella che produciamo al momento e quindi che optano per il farmaco olandese. In ultimo c’è anche il discorso delle Regioni che stanno mettendo in atto le procedure amministrative finalizzate all’acquisto ed alla rimborsabilità della spesa. Il paese, piano piano, si sta preparando e bisogna sottolineare che i medici che prescrivono cannabis sono molto soddisfatti perché si rendono conto che, con questo farmaco, molti pazienti ottengono dei miglioramenti che altre terapie non riuscivano a garantire.

Nei primi mesi del 2017 sembra che i vostri principali acquirenti siano state le farmacie private piuttosto che quelle ospedaliere, conferma questa tendenza?

Diciamo che ancora oggi la maggioranza delle richieste proviene dalle farmacie private, si parla di circa l’80% del totale. Di solito le farmacie private inoltrano molte richieste per quantitativi minori, mentre quelle pubbliche hanno richieste meno frequenti, ma per quantitativi maggiori. Le Regioni italiane che al momento hanno deliberato in materia sono 14, ma le nostre effettive clienti sono solo 5 e fra queste in ordine di maggiori richieste abbiamo: Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, e Puglia.

Da questo punto di vista come giudica le multe imposte ai titolari di alcune di queste farmacie private? Non le sembra paradossale che si colpiscano i vostri migliori clienti?

Il problema è che in Italia esiste una normativa molto stringente e molto severa riguardo l’impiego di stupefacenti in medicina e per questo motivo anche noi come Stabilimento ogni giorno dobbiamo stare attenti per non incorrere in multe salate. Diciamo che può dispiacere, però se esiste una legge non si può fare diversamente e se il D.P.R. 309/1990 prevede che non si possa fare pubblicità bisogna seguire la normativa.

È notizia recente (primi di giugno 2017) che il Ministero della Salute abbia decretato un nuovo prezzo di vendita della cannabis al pubblico: 9 euro al grammo. Tale prezzo è ritenuto dai farmacisti troppo basso e la paura è che questo canale distributivo che attualmente è in fase di espansione si possa contrarre perché tale tariffa costringerebbe tali professionisti a lavorare in perdita. Non le sembra nuovamente paradossale che l’80% dei vostri clienti venga prima multato per la “pubblicità” e poi frustrato con tale prezzario?

Questo argomento era già stato discusso nel gruppo di lavoro propedeutico alla nascita del progetto pilota. All’inizio il progetto cannabis made in Italy prevedeva, come uno dei suoi punti di forza, proprio la distribuzione di un farmaco con un prezzo inferiore a quello estero. Il Ministero della Salute in queste decisioni è comunque indipendente dalla nostra attività, dalle nostre forze e dal nostro potere di discussione.

Ma sembra chiaro che se questo prezzo penalizza il vostro canale distributivo attualmente privilegiato, il rischio è di aver un farmaco ad un costo talmente basso che nessuno vuole vendere. Qual’è lo scopo del Ministero della Salute?

Guardi penso che ci sarà una discussione, ma non siamo noi gli interlocutori perché il Ministero della Salute in quanto Organismo Statale per la Cannabis ha un potere decisionale discrezionale su questo argomento. Vedremo se in futuro ci saranno margini di manovra, noi possiamo fare tanti ragionamenti, ma in materia non saprei cosa dirle. Si tratta di un progetto in evoluzione e che magari avrà in futuro degli sviluppi e dei ritocchi.

La qualità della cannabis italiana e la concorrenza olandese

Secondo farmacisti e botanici la macinazione delle infiorescenze svilisce il fitocomplesso della cannabis made in Italy, influendo negativamente sulla qualità del farmaco. Per la varietà FM2 prevedete di modificare tale modus operandi presentando un nuovo protocollo che corregga questo aspetto della produzione?

Da questo punto di vista riceviamo feedback positivi, ma anche negativi e con tali ci confrontiamo. Si tratta di un perfezionamento continuo e in questo caso stiamo cercando una maniera di eseguire una macinazione che riduca tali effetti negativi. D’altra parte però, non possiamo mettere il fiore intero altrimenti, anche se proveniente dallo stesso lotto di produzione, potremmo distribuire barattolini che non hanno la stessa concentrazione di principio attivo e quindi per garantire l’omogeneità del prodotto siamo costretti a macinare le infiorescenze. Al momento stiamo comunque eseguendo delle prove e sicuramente a breve tempo potremmo arrivare, presumibilmente nell’autunno di quest’anno, a cambiare il tipo di macinazione per avere un granulato diciamo più grossolano e più adatto a chi assume la medicina tramite dispositivi tipo vaporizzatori. Siamo in una fase pionieristica per l’utilizzo della cannabis medica. Siamo in continua evoluzione.

Nel settembre 2015 durante il  nostro primo colloquio lei mi disse che l’anno successivo pensavate di cominciare con la produzione di un farmaco analogo al Bedrocan (THC 22% e CBD sotto 1%). Cosa mi può dire di questa linea di produzione? Quando sarà disponibile per i nostri pazienti?

Con le piante fornite dal CRA di Rovigo con una qualità il cui grado di THC si attesta fra il 12 ed il 14% abbiamo fatto qualche ciclo sperimentale ed ora si dovrebbe iniziare con i primi cicli di coltivazione industriale. Se tutto va bene, entro fine anno, dovremmo poter presentare tutta la documentazione all’AIFA per ottenere l’autorizzazione alla immissione in commercio e quindi per averlo disponibile per la distribuzione nei primi mesi del 2018.

La ditta olandese Bedrocan distribuisce questo farmaco senza triturarlo, crede che anche voi seguirete la stessa modalità distributiva?

Per quel che riguarda il discorso triturazione sicuramente prima di arrivare in fondo ne discuteremo con il Ministero della Salute con l’Istituto Superiore Sanità e con tutte le strutture di competenza. Ricordo che noi svolgiamo un ruolo operativo e poi ci adeguiamo su quello che ci viene suggerito e richiesto. La modalità con la quale distribuiremo questa nuova produzione è sicuramente un aspetto che stiamo valutando e la possibilità di non triturarla sarà comunque presa in considerazione.

 Dal vostro punto di vista, quello dei produttori di cannabis made in Italy, in cosa è possibile migliorare il modello italiano della canapa medica?

Non c’è un modo semplice: per gli assetti, le autorizzazioni , le verifiche ed i controlli che non sono alla portata di tutti. Principalmente deve essere fatta informazione corretta, ci siamo accorti che spesso c’è disinformazione e che su internet si trova tutto ed il contrario di tutto. Ci vuole autorevolezza delle fonti e quindi curare la diffusione d’informazione corretta al paziente che comprende per quali malattie potrebbe trovare beneficio, per i medici che prescrivono e per le farmacie che distribuiscono. E poi per avere un grado farmaceutico serve un prodotto standardizzato altrimenti si fa della medicina medioevale quando cioè si dava una pozione e poi se ne verificavano gli effetti. Questo approccio non è ciò che cerchiamo da un punto di vista medico-clinico.

Lei ha dichiarato di voler triplicare l’attuale produzione alzandola a 300 Kg annuali. Possiamo prevedere che in tale quantitativo siano compresi sia l’FM2 che l’analogo del Bedrocan?

Assolutamente si. L’idea è che ci vogliano almeno 3-4 tipi di cannabis differenti con concentrazioni diverse di principio attivo per seguire tutte le patologie. L’FM2 (contenente THC 5% – 8% e CBD 7,5% – 12%) e l’FMX dove la X dovrebbe andare a definire il contenuto di THC, sicuramente non saranno le ultime serre in produzione perché prevediamo di produrre altre linee di cannabis.cannabis made in Italy Foto Credits Laura Lezza

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