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Parola agli esperti e ricercatori

Giuseppe Cannazza e i nuovi cannabinoidi: il THCP e il THCB

nuovi cannabinoidi

Giuseppe Cannazza è Ricercatore confermato presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia e ricercatore associato al CNR NANOTEC di Lecce. Insieme alla collega Cinzia Citti è stato selezionato, in un bando internazionale dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) per la scrittura delle pre-reviews topic chemistry su Cannabis. Grazie al loro lavoro sono stati scoperti dei nuovi cannabinoidi: il THCP e il THCB

 

Molti ricercatori e medici che lavorano con la cannabis per applicazioni mediche sostengono che quanto la comunità internazionale sappia riguardo la cannabis terapeutica sia ancora molto poco e che anzi ci si trovi ancora agli albori di un’era scientifica che dovrà sondare le potenzialità ed eventuali problematiche di questo medicamento. Qual’è la sua opinione in merito?

Di questa pianta sappiamo ancora pochissimo dal punto di vista chimico farmaceutico. Esistono infinite varietà, ciascuna con una composizione chimica diversa, con un corredo di fitocannabinoidi completamente diverso e ancora siamo lontani dalla sua completa caratterizzazione. Dal mio punto di vista sarebbe opportuno conoscere l’attività biologica di ciascun componente, almeno di quelli presenti in quantità maggiore, e poi incominciare ad associarli per vedere le possibili interazioni. C’è ancora tanto tanto lavoro da fare.

La sua squadra ha scoperto due nuovi cannabinoidi. Quanto è durata la vostra ricerca? Sapevate in che direzione o cosa cercare? Come siete arrivati ai risultati ottenuti?

Tutto è partito da una intuizione della dott.ssa Citti che analizzando con la tecnica della metabolomica alcuni estratti di canapa aveva ipotizzato la presenza di composti simili al CBD (cannabidiolo), ma con una catena alchilica a 4 e 7 termini. Partendo da questa ipotesi abbiamo pensato che ci sarebbero potute essere le corrispondenti forme THC con catena a 4 e 7 termini in varietà di cannabis medica. Per questo motivo abbiamo chiesto l’autorizzazione al Ministero della Salute che ci ha dato la possibilità di utilizzare per ricerca la varietà FM2 dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare. Quindi abbiamo continuato gli studi su questa varietà e con sorpresa abbiamo visto che le nostre supposizioni erano giuste quando abbiamo trovato il THCB e il THCP. Per essere certi della loro identità, entrambi sono stati sintetizzati e confrontati con i composti isolati dalla cannabis. Questo ci ha permesso di affermare che si trattava di cannabinoidi con struttura tetraidrocannabinolica, ma con una catena alchillica a 4 e sette termini rispetto al più comune THC con catena alchilica a 5 termini. Gli studi sono stati poi confermati dal prof. Laganà del dipartimento di chimica della Sapienza. Dopo i test in vitro sui recettori CB1 e CB2 abbiamo contatto il prof. Livio Luongo conoscendolo di fama per la valutazione in vivo.

Quali proprietà hanno questi due nuovi cannabinoidi? Di cosa si tratta, può descriverci quello che avete scoperto?

Il prof. Livio Luongo ha condotto gli esperimenti sugli animali suggerendo un’attività cannabinomimetica per il THCP simile a quella del THC ma a dosi sensibilmente minori. Il THCB invece ha dimostrato attività analgesica e antinfiammatoria. Non sono state effettuate prove biologiche sui corrispondenti cannabidioli CBDB e CBDP. Non ne sappiamo nulla.

Cosa implica e che prospettive apre, per il mondo della ricerca sulla cannabis e per il mondo delle sue applicazione terapeutiche, la scoperta dei due cannabinoidi effettuata dalla vostra squadra?

Tutto e niente! Nel senso che la prima valutazione è quella di determinare le concentrazioni di questi nuovi cannabinoidi nelle diverse varietà. E’ possibile che siano presenti in quantità sufficienti a fornire un’azione farmacologica oppure che siano così poco concentrati che la loro attività sia trascurabile. Certo è che finora nessuno li ha mai cercati.

Adesso che avete scoperto questi due nuovi cannabinoidi in che direzione si muoveranno le vostre ricerche?

Abbiamo aperto un mondo. Da una parte è necessario continuare la ricerca chimica farmaceutica e di analisi farmaceutica andando a individuare tutti i cannabinoidi correlati come il CBGB, CBGP, CBCB, CBCP ecc. Tutte molecole che supponiamo essere presenti, ma che ancora non abbiamo individuato. Dall’altra effettuare studi farmacologici per capire l’attività di questi nuovi cannabinoidi. Insomma c’è da lavorare per un bel po’.

Cosa differenzia la cannabis dalle altre medicine?

La cannabis può essere considerata un’industria farmaceutica vegetale. A seconda della varietà produce caratteristici cannabinoidi con attività farmacologiche diverse. Andrebbe studiata la composizione di ogni varietà per correlare l’attività medicinale con il contenuto chimico. Mi spiego. Se assumo una Tachipirina io sono sicuro che sto assumendo del paracetamolo e sulla confezione è riportato esattamente quanto ne sto assumendo. Il medico in questo modo correla la risposta dell’individuo alla assunzione di una determinata molecola ad una certa dose. Ma se ancora non conosciamo esattamente la composizione chimica di quella cannabis che il paziente assume come il medico può correlare la risposta al farmaco “cannabis”?

Perché utilizzando cannabis per motivi medici è così fondamentale l’effetto entourage rispetto al singolo cannabinoide?

E’ una domanda a cui può rispondere molto meglio un farmacologo. Io posso accennare che dal punto di vista chimico farmaceutico è stato visto per esempio che il CBD in qualche modo contrasta gli effetti del THC per una sua attività modulatrice negativa sul recettore CB1. Vuol dire che l’attività farmacologica del THC assunto da solo è diversa da quella dell’associazione THC con CBD. Insomma anche qui ci sarebbe tanto da studiare.

Lei ritiene la cannabis un medicamento affidabile sul quale puntare per il futuro?

Le premesse sono buone. Hanno già approvato e attualmente commercializzato due estratti di cannabis per l’impiego nella sclerosi multipla e in alcune forme di epilessia infantile. Tante sono le evidenze che funziona in altre patologie. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel  gennaio 2019 ha riconosciuto il valore medico della cannabis proponendo la sua cancellazione dalla IV tabella della Single Convention del 1961, quella in cui sono incluse le sostanze come l’eroina con scarso se non nullo valore medico. Tutto questo, accompagnato dalle opportune ricerche scientifiche, lascerebbe pensare che la cannabis possa diventare una valida cura per diverse patologie.

Se lei fosse designato direttore di un organismo europeo ad hoc che si occupi esclusivamente di ricerche riguardanti le applicazioni mediche della cannabis quali sarebbero le sue priorità?

Organizzerei subito un tavolo dove raccogliere tutti i ricercatori che si stanno occupando di cannabis e li dividerei per settori: chimico, farmacologico, tossicologico, clinico ed epidemiologico. Quindi farei fare a ciascuno il punto della situazione e la valutazione di cosa serve per arrivare ad una comprensione dell’attività biologica della cannabis. Quindi fornire i finanziamenti necessari per effettuare le ricerche e gli darei appuntamento l’anno successivo per relazionare sui passi avanti fatti. Soltanto in questo modo si riuscirebbe ad armonizzare le tante ricerche che attualmente vengono condotte sulla cannabis in Europa.

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